Triste e solenne, la processione del venerdì santo lasciava la chiesa quasi sempre all’imbrunire, per farvi ritorno a sera inoltrata. Lumi si accendevano dietro ogni finestra in attesa del passaggio del Cristo morto, mentre il corteo procedeva molto lentamente intonando struggenti canti di dolore.
Si crede che nella notte del 2 novembre sfili per le strade del paese, diretta in chiesa, la processione dei defunti. Durante questo passaggio i morti si fermerebbero nelle case che abitarono a visitare i propri cari, per cui è usanza andare a dormire in anticipo sulla mezzanotte e lasciare la tavola apparecchiata per i visitatori tutta la notte.
È nell'opinione di molti che il nome Miranda (attestato dal 1150-68) debba riportarsi alla bellezza del luogo e al panorama che vi si gode, derivando una tale convinzione dal gerundio latino mirandus che vale «meraviglioso, degno di meraviglia, sorprendente». È probabilmente per questo motivo che anche G.B. Masciotta trattando di Miranda annota in apertura: «La deficenza delle nostre cognizioni filologiche non ci hanno messo in grado di escogitare una qualsiasi sopportabile derivazione etimale del nome di questo Comune; e la difficoltà ci è parsa tanto più insuperabile dato lo spiacevole contrapposto fra il nome e la cosa. Con ciò — s'intende — bene non intendiamo menomamente sminuire quanto l'abitato può avere di attraenza per la sua elevata postura e per panorama su cui spazia.» (Il Molise dalle origini ai giorni nostri, vol. III, Il Circondario d'Isernia, Cava dei Tirreni, Arti Grafiche De Mauro, 1952, p. 351 scaricabile qui)
A la vecchiaia le caveze roussce
(letterale: In vecchiaia le calze rosse. Nella vecchiaia comportamenti da giovane)
Prima dell’avvento dei mezzi meccanici, per arare si impiegavano solitamente i buoi, ma non era raro che qualcuno aggiogasse un mulo o un asino.
Ru alàne era colui che, possedendo una coppia di buoi, arava i campi per professione, servendo a turno i contadini che lo domandavano a iurnuàta.
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